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03/04/2020

Covid- 19: i giovani hanno già risposto all'appello di Papa Francesco che afferma: "nessuno si salva da solo"

Organizzati dalla Fondazione Pontificia Scholas Occurrentes e con la benedizione di Papa Francesco, più di 120 studenti provenienti da 60 città di tutto il mondo si sono riuniti al Primo incontro mondiale della gioventù sul Coronavirus per affrontare insieme questa sfida globale.

Città del Vaticano, 30 marzo 2020. Hanno iniziato a connettersi, poco a poco. Piccole immagini, alcune più pixelate di altre, rivelando gli occhi di primo mattino dei giovani del Messico, fino alle luci della notte dei ragazzi del Giappone.

Un mosaico di volti, tutti giovani, ha inondato lo schermo... e le cuffie: “Ciao!”,"Ciao!",”Ciao!”,"Kon'nichiwa!","Bonjour!","Alo",”Olá!”. Saluti e grida di felicità si mixavano in un’aria che lasciava trapelare caos e paura. È stato lanciato così il Primo Incontro Mondiale della Gioventù sul Coronavirus, per dare modo ai ragazzi di condividere tra loro tutto ciò che sta accadendo al proprio paese e alle proprie famiglie.

Una situazione senza precedenti sta coinvolgendo centinaia di paesi di tutto il mondo a causa della pandemia da COVID-19, gettando giovani adolescenti nel caos e nella paura.

È dunque, in questo momento, necessaria più che mai la “cultura dell’incontro” sostenuta dalla Fondazione Scholas Occurrentes ed è per questo motivo che giovani di 60 città come Miami, Maputo, Santo Domingo, Roma, Madrid, Port-au-Prince, Lisbona, Asunción del Paraguay, Barranquilla, Buenos Aires, Tokyo, Città del Messico, Barcellona, ​​Setagaya-ku, Porto, La Plata, Napoli, Tampa, Vigo, Panama Bucarest, Cascais, Monterrey, Medellín, e molte altre, si sono riuniti per creare un cyber-spazio che possa far bene alle menti e allo spirito.

Durante questo incontro tutti i giovani coinvolti hanno potuto ascoltare la realtà che i loro coetanei stanno vivendo in altri paesi del mondo, condvidendo i propri sentimenti, non senza paura e confusione, ma con un forte desiderio di empatia e solidarietà.
"Dobbiamo restare nelle nostre case per prevenire e prenderci cura di noi stessi. Anche se qui il virus non è ancora arrivato, dobbiamo proteggerci. Ci sono molte persone che vogliono uscire... Sembra che non ci sia consapevolezza di ciò che sta accadendo, ma è perché non conoscono la gravità del virus”, sostiene Celestino, dal Mozambico.

Come questo, sono tanti gli appelli alla responsabilità che vengono dalle testimonianze condivise durante l'incontro.
Dominique, di Haiti: "Qui siamo preoccupati. Se stanno soffrendo i paesi che in genere sono pronti a resistere a questo tipo di crisi, immaginando Haiti, crediamo di non esser pronti. Quindi, se hai l'opportunità di aiutare qualcuno, fallo. Questo è il momento di mostrare solidarietà”.
Tante sono state le manifestazioni di empatia e solidarietà: "È giunto il momento di rivendicare la cultura dell'incontro che Scholas difende", ha detto Sergio, dalla Spagna.

“Vedo sempre qualcosa di positivo in tutto, ed è ciò che stiamo condividendo; non abbiamo perso la rete di comunicazione, e questa è la cosa più importante. Sebbene siamo in un momento di crisi, siamo ancora in piedi; non come amici o conoscenti, ma come la grande famiglia di Scholas”, sono le parole di Brayan, di Panama. "Possiamo continuare a lavorare per il bene comune".

"Scholas è una boccata d'aria in questo momento, unisce pezzi di cuore sparsi in tutto il mondo. È speciale. Grazie per continuare a farmi vivere emozioni che non potrò mai trasmettere a parole", Sonia, di Palermo, Italia.

Questo primo incontro virtuale globale ha avuto come attività conclusiva la condivisione di parole e idee attorno alle quali continuare a generare un dialogo e una conversazione continua. Sono state condivise parole come fraternità, sacrificio, coraggio, solidarietà, famiglia, fragilità, empatia, incertezza, confusione, comunicazione... ma due sono state le parole ripetute costantemente e di cui se ne respirava il desiderio: "speranza" e "incontro".

All'ora della chiusura, quando nessuno dei giovani voleva disconnettersi, José María del Corral, co-fondatore della rete mondiale Scholas insieme a Enrique Palmeyro e Jorge Bergoglio, hanno detto ai ragazzi: “Oggi avete creato il miglior vaccino, e gli avete dato un nome: "Speranza".